il Sole Nero

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martedì 16 agosto 2011

Bossi insulta Brunetta: ''Nano, non rompere i coglioni''

Bossi a Ponte di Legno


PADANIA PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR PADANIA PRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
Faccia d merda paralitico, ma chi dovrebbe combattere per la merda della tua padania??? quei quattro vecchi scarozzati , contadini, oppure le vacche delle loro mogli....??? aahhhh magari guidati dalla faccia di spastico di tuo figlio....

domenica 22 maggio 2011

IL M.S.I. - Destra Nazionale Contro L'Aborto

Il Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale chiede la par condicio in tema di aborto.romepressoffice
22/05/2011 – 15:00
Gaetano Saya Fondatore del Movimento Sociale Italiano – Destra Nazionale,chiede la par condicio tra uomo e donna in tema di aborto

Il Fondatore dell’ M.S.I. - Destra Nazionale esprime a nome del partito che rappresenta la sua personale opinione in tema di aborto:

Anticamente i dottori della chiesa nel coniare questa frase (In gremio Matris sedet Sapientia Patris.) dal profondo significato Teologico intendevano sottolineare la profondita’ e l’importanza della donna nel processo della procreazione.
E’ come se dio dicesse: attento, tu che guardi, tu vedi solo una madre con il suo bambino; ma non si tratta solo di una consueta, umile, naturale realtà umana; in essa ed oltre essa tu devi capire che si tratta di una realtà divina: della stessa “Sapienza di Dio”.
Oggi la femminilita’ e la maternita’sono snaturate dall’assenza sostanziale della figura paterna,questo lascia le donne in una solitudine terribile.
La nostra societa’ormai concepisce il problema dell’aborto come una questione solo femminile,il maschio in tutto questo viene escluso senza che gli venga riconosciuto alcun diritto.Il padre e il figlio sono attori involontari di questa tragedia,entrambi rimossi dalla zona decisionale che spetta solo alla madre
Oggi l’uomo non può incidere sulla scelta dell’aborto proprio perché si è affermata questa idea dell’autodeterminazione della donna, secondo cui questa deve avere l’assoluto controllo della gravidanza. Ma quando l’omicidio del feto è considerato, come accade oggi, un servizio dovuto e un esercizio di libertà, tutto è stravolto nelle sue fondamenta e anche la famiglia comincia a essere inesorabilmente concepita come una forma di schiavitù e di oppressione per la moglie che, desidera svincolarsi dal ruolo domestico per rivolgersi a quello pubblico, generalmente esercitato dall’uomo: la triste conseguenza è che la maternità viene intesa solo come gravidanza.
Alla donna viene negato dal sistema il diritto di essere informata sui rischi per la propria salute riproduttiva e psicologica. Il vero diritto da difendere è il diritto alla conoscenza delle patologie. La tragedia dell’aborto lascia nell’animo femminile tracce indelebili, ferite aperte nella memoria e nella sfera sentimentale, spesso addormentate, ma terribilmente irrisolte, che anche a distanza di anni irrompono prepotentemente nel presente attraverso patologie psicologiche di varia natura.
risultato che le donne che hanno avuto un aborto hanno quasi il doppio della probabilità di sviluppare malattie mentali e fino al triplo di diventare alcolizzate o tossicodipendenti.

”, Nella nostra esperienza abbiamo riscontrato in donne che avevano abortito
l’insorgere di tendenze suicide, consumo di droghe, depressione e ansia reattiva . . Non ci sono prove che una gravidanza indesiderata possa aumentare il rischio di depressione o altri problemi, mentre è certo che l’aborto abbia conseguenze devastanti. Gli studi in materia mostrano come le donne che si sono sottoposte a questa tragica pratica ricorrano a cure psichiatriche fino a quattro volte di più rispetto a donne che hanno concluso serenamente la gravidanza.

Sono vittime di psicosi depressive, reazioni di aggiustamento, disturbi neurologici e bipolari. sono
più portate alla tossicodipendenza e all’alcolismo. Le donne che hanno avuto un aborto spesso presentano incubi e ossessione, flashback, pensieri suicidi riferiti direttamente all’aborto, sfiducia in se stesse, sensi di colpa, timori per future gravidanze, sensazione di disagio vicino ai neonati, insensibilità emotiva, disfunzioni sessuali, disordini alimentari, aumento del consumo di tabacco, attacchi di panico e di ansia, relazioni conflittuali.

Parlare di aborto vuol dire allora affrontare anche l’angoscia che affligge la società d’oggi. Non è un fatto individuale, ma riguarda l’intera collettività. La gente non vuole soffermarsi sulla problematica per nascondere l’evidente disagio di un comportamento egoistico contro natura.
La dittatura consumistica ha comportato il dilagare della pornografia e l’aumento della prostituzione, delle violenze sessuali e degli stupri, derivati proprio dalla concezione che si ha della donna. A ciò si aggiunga l’annullamento della famiglia, la mancanza di validi punti di riferimento e la malattia del nostro tempo, la depressione, che colpisce soprattuttole donne . Fondare il rapporto uomo/donna solo sui diritti e sul potere significa non avere nessuna stima dell’identità femminile, il cui principale compito è quello di dare la vita: in questo orizzonte culturale in cui la libertà ha cambiato connotati, la vita non ha più senso. Il laicismo, il relativismo e il nichilismo hanno portato all’annullamento dei valori e dello spirito ed è da questa constatazione che bisogna ripartire: siamo vuoti a livello di spiritualità. La donna deve rivedere
le proprie credenze , tenendo presente che uomini e donne hanno destini molto diversi e che avere una diversa funzione non significa avere diversa dignità.

Uomini e donne non sono uguali: la natura ci è data, non la creiamo noi. Accettare questo è, perla donna , il primo passo per rispondere al bisogno di felicità che c’è nel suo cuore. Non occorre dunque ricercare un’uguaglianza innaturale con l’uomo, ma esaltare le differenze e la femminilità. Spetta alla donna rivalutare le proprie potenzialita’specifiche.. Per recuperare la dignità le donne debbono riprendere in mano la grande questione dell’amore, nulla è infatti così sacro come l’esperienza della maternità:
Ma a quanto pare la par condicio non esiste per questo tema e se dovessimo dirla tutta con l’aborto la donna uccide tre volte,uccide se stessa , uccide il figlio, e uccide il padre. Aiutiamo le donne a non uccidere anime innocenti negandogli il primo diritto quello di nascere .”

mercoledì 27 aprile 2011

Latina: Rinasce da Latina il movimento sociale italiano di di Giorgio Almirante.

Latina: Rinasce da Latina il movimento sociale italiano di di Giorgio Almirante.

Lo spirito di Almirante protegge il movimento sociale Italiano di Maria Antonietta Cannizzaro e da Latina parte la rinascita di un idea che non e’ mai morta nella destra.
I maldestri tentativi del popolo della liberta’ e sodali vari di impedire la presentazione della lista msi destra Nazionale ,sono stati disattesi dalla ferrea determinazione della Cannizzaro ormai riconosciuta come la lady di ferro della destra italiana.
La Cannizzaro in una nota sostiene che:
” credo che l’idea di Almirante non doveva essere tradita da i vari caino ,oggi servi del telenano ,ieri cani affamati alla destra dello storico fondatore del partito che oggi rappresento,la fede nei valori della vera destra mi ha aiutato in questi anni a resuscitare un simbolo che non doveva morire per nessun motivo. I cani traditori che hanno tentato di uccidere la destra vera ormai sono alla frutta il loro padrone sta ormai per lasciare la scena politica,tra i baciamani a Gheddafi e i nuovi flirt con il Presidente Francese ormai la dignita’ degli Italiani e’ a livello mondiale svalutata di brutto.il Movimento sociale Italiano destra Nazionale appoggia CANDIDATO SINDACO: Francesco Autieri.”
I sondaggi su Latina prometto per il simbolo di Giorgio Almirante risultati considerevoli , per motivi storici latina ha sempre rappresentato una roccaforte del movimento sociale.
MARIA ANTONIETTA CANNIZZARO 3275338825

giovedì 14 aprile 2011

ATTENDIAMO L'INTERVENTO DELL'ARMA.........PER LA LIBERAZIONE DELLA PATRIA DA QUESTA BANDA DI DELINQUENTI DI BASSO CABOTAGGIO, DEGNI, DEL PEGGIORE DEGLI ANGIPORTI

il golpe per abbattere Berlusconi...la sinistra fa appello alle forze sane della Nazione .... le Forze Armate , i Carabinieri .....lo avevamo già fatto noi!!!!!!

......Le ""FORZE SANE"" di certo non si schiereranno con i SOVVERSIVI MARXISTI LENINISTI COMUNISTI....che ancora girano in Italia.

Sono cento righe intrise di attacchi al governo e di analisi pessimistiche che più pessimistiche non si può e che si concludono con una ricetta che supera tutte quelle proposte fino a oggi dall’opposizione per abbattere il premier. Ciò che invocava ieri sul «Manifesto» lo storico di sinistra Alberto Asor Rosa è nientepopodimeno che un colpo di Stato, attuato con la collaborazione di carabinieri e polizia. Una minaccia alla quale ieri sera Giuliano Ferrara ha dedicato il suo «Radio Londra». Pronta la controreplica di Asor Rosa: «Faccio appello alle forze sane dello Stato perché evitino la crisi verticale della democrazia».

C’è chi pro­pone di fare un colpo di Stato contro il gover­no eletto, il go­verno eletto da­gli italiani, il go­verno Berlusco­ni.

Si chiama Al­berto Asor Rosa, è stato deputato della sinistra e professore universi­tario. Negli anni Settanta militava, diciamo, in quelle tendenze di pen­siero alla Toni Negri contigue cul­turalmente al terrorismo italiano. Ecco che cosa ha scritto sul quoti­diano comunista il manifesto di og­gi, , perché non vorrei che poi si di­cesse che io mi invento le cose che dico: «Ciò cui io penso è una prova di forza che, con l’autorevolezza e le ragioni... eccetera, scenda dal­­l’alto, instaura quello che io defini­rei un normale “stato di emergenza”, si avvale più che di manifestanti generosi, dei carabinieri e della polizia di Stato, congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari...» eccetera eccetera eccetera. Insomma, un colpo di Stato in piena regola contro il governo eletto dagli italiani.

Siamo finalmente alla piena, diciamo dispiegata chiarezza di un progetto politico che molti altri editorialisti, questa volta di Repubblica , avevano già definito anche nella famosa assemblea del Palasharp, dove un ragazzino di tredici anni fu convocato a recitare la litania dell’odio contro l’arcinemico. Che cosa dicono costoro? Dicono che siccome lui, Berlusconi, ha rimbecillito gli italiani con le televisioni, siccome con i voti non credono di essere in grado di batterlo alle elezioni, siccome in Parlamento non c’è una maggioranza alternativa e invece di lavorare per trovare una maggioranza alternativa nel Paese e nel Parlamento e varare un governo come sono stati i due governi Prodi - Prodi ha battuto due volte Berlusconi, no? - , bisogna fare qualcosa di extra istituzionale. E Asor Rosa, il professor Asor Rosa, quest’uomo con questi baffi sicuri di sé e questa prosa non proprio elegantissima, dice che cosa bisogna fare: un golpe con i carabinieri e la polizia di Stato,che venga dal-l’alto contro il basso popolo incapace di capire come stanno le cose.

Un golpe delle élite , un golpe favorito dagli intellettuali e dalle loro idee. Un golpe che, diciamo, sarebbe un esproprio di sovranità ai danni del popolo italiano. Guardate che non sto scherzando, Asor Rosa non è un passante, ripeto, è stato un dirigente po-litico della sinistra, fa parte diciamo di quella che potremmo definire la cricca Scalfari, cioè il gruppo di potere editoriale e, se posso consentirmi, lobbistico che in simbiosi con i magistrati cerca, non di portare Berlusconi ai processi, ma di abbattere Berlusconi in quanto capo politico del governo.L’Italia è una democrazia regolare, tra poco vedremo una partita e vogliamo stare tutti tranquilli e andare a dormire tranquilli, però c’è chi lavora per un colpo di Stato.

QUESTO L'ARTICOLO DI ASOR ROSA, APPARSO SUL MANIFESTO.

Alberto Asor Rosa
Non c'è più tempo

Capisco sempre meno quel che accade nel nostro paese. La domanda è: a che punto è la dissoluzione del sistema democratico in Italia? La risposta è decisiva anche per lo svolgimento successivo del discorso. Riformulo più circostanziatamente la domanda: quel che sta accadendo è frutto di una lotta politica «normale», nel rispetto sostanziale delle regole, anche se con qualche effetto perverso, e tale dunque da poter dare luogo, nel momento a ciò delegato, ad un mutamento della maggioranza parlamentare e dunque del governo?

Oppure si tratta di una crisi strutturale del sistema, uno snaturamento radicale delle regole in nome della cosiddetta «sovranità popolare», la fine della separazione dei poteri, la mortificazione di ogni forma di «pubblico» (scuola, giustizia, forze armate, forze dell'ordine, apparati dello stato, ecc.), e in ultima analisi la creazione di un nuovo sistema populistico-autoritario, dal quale non sarà più possibile (o difficilissimo, ai limiti e oltre i confini della guerra civile) uscire?
Io propendo per la seconda ipotesi (sarei davvero lieto, anche a tutela della mia turbata tranquillità interiore, se qualcuno dei molti autorevoli commentatori abituati da anni a pietiner sur place, mi persuadesse, - ma con seri argomenti - del contrario). Trovo perciò sempre più insensato, e per molti versi disdicevole, che ci si indigni e ci si adiri per i semplici «vaff...» lanciati da un Ministro al Presidente della Camera, quando è evidente che si tratta soltanto delle ovvie e necessarie increspature superficiali, al massimo i segnali premonitori, del mare d'immondizia sottostante, che, invece d'essere aggredito ed eliminato, continua come a Napoli a dilagare.
Se le cose invece stanno come dico io, ne scaturisce di conseguenza una seconda domanda: quand'è che un sistema democratico, preoccupato della propria sopravvivenza, reagisce per mettere fine al gioco che lo distrugge, - o autodistrugge? Di esempi eloquenti in questo senso la storia, purtroppo, ce ne ha accumulati parecchi.
Chi avrebbe avuto qualcosa da dire sul piano storico e politico se Vittorio Emanuele III, nell'autunno del 1922, avesse schierato l'Armata a impedire la marcia su Roma delle milizie fasciste; o se Hinderburg nel gennaio 1933 avesse continuato ostinatamente a negare, come aveva fatto in precedenza, il cancellierato a Adolf Hitler, chiedendo alla Reichswehr di far rispettare la sua decisione?
C'è sempre un momento nella storia delle democrazie in cui esse collassano più per propria debolezza che per la forza altrui, anche se, ovviamente, la forza altrui serve soprattutto a svelare le debolezze della democrazia e a renderle irrimediabili (la collusione di Vittorio Emanuele, la stanchezza premortuaria di Hinderburg).
Le democrazie, se collassano, non collassano sempre per le stesse ragioni e con i medesimi modi. Il tempo, poi, ne inventa sempre di nuove, e l'Italia, come si sa e come si torna oggi a vedere, è fervida incubatrice di tali mortifere esperienze. Oggi in Italia accade di nuovo perché un gruppo affaristico-delinquenziale ha preso il potere (si pensi a cosa ha significato non affrontare il «conflitto di interessi» quando si poteva!) e può contare oggi su di una maggioranza parlamentare corrotta al punto che sarebbe disposta a votare che gli asini volano se il Capo glielo chiedesse. I mezzi del Capo sono in ogni caso di tali dimensioni da allargare ogni giorno l'area della corruzione, al centro come in periferia: l'anormalità della situazione è tale che rebus sic stantibus, i margini del consenso alla lobby affaristico-delinquenziale all'interno delle istituzioni parlamentari, invece di diminuire, come sarebbe lecito aspettarsi, aumentano.
E' stata fatta la prova di arrestare il degrado democratico per la via parlamentare, e si è visto che è fallita (aumentando anche con questa esperienza vertiginosamente i rischi del degrado).
La situazione, dunque, è più complessa e difficile, anche se apparentemente meno tragica: si potrebbe dire che oggi la democrazia in Italia si dissolve per via democratica, il tarlo è dentro, non fuori.
Se le cose stanno così, la domanda è: cosa si fa in un caso del genere, in cui la democrazia si annulla da sè invece che per una brutale spinta esterna? Di sicuro l'alternativa che si presenta è: o si lascia che le cose vadano per il loro verso onde garantire il rispetto formale delle regole democratiche (per es., l'esistenza di una maggioranza parlamentare tetragona a ogni dubbio e disponibile ad ogni vergogna e ogni malaffare); oppure si preferisce incidere il bubbone, nel rispetto dei valori democratici superiori (ripeto: lo Stato di diritto, la separazione dei poteri, la difesa e la tutela del «pubblico» in tutte le sue forme, la prospettiva, che deve restare sempre presente, dell'alternanza di governo), chiudendo di forza questa fase esattamente allo scopo di aprirne subito dopo un'altra tutta diversa.
Io non avrei dubbi: è arrivato in Italia quel momento fatale in cui, se non si arresta il processo e si torna indietro, non resta che correre senza più rimedi né ostacoli verso il precipizio. Come?
Dico subito che mi sembrerebbe incongrua una prova di forza dal basso, per la quale non esistono le condizioni, o, ammesso che esistano, porterebbero a esiti catastrofici. Certo, la pressione della parte sana del paese è una fattore indispensabile del processo, ma, come gli ultimi mesi hanno abbondantemente dimostrato, non sufficiente.
Ciò cui io penso è invece una prova di forza che, con l'autorevolezza e le ragioni inconfutabili che promanano dalla difesa dei capisaldi irrinunciabili del sistema repubblicano, scenda dall'alto, instaura quello che io definirei un normale «stato d'emergenza», si avvale, più che di manifestanti generosi, dei Carabinieri e della Polizia di Stato congela le Camere, sospende tutte le immunità parlamentari, restituisce alla magistratura le sue possibilità e capacità di azione, stabilisce d'autorità nuove regole elettorali, rimuove, risolvendo per sempre il conflitto d'interessi, le cause di affermazione e di sopravvivenza della lobby affaristico-delinquenziale, e avvalendosi anche del prevedibile, anzi prevedibilissimo appoggio europeo, restituisce l'Italia alla sua più profonda vocazione democratica, facendo approdare il paese ad una grande, seria, onesta e, soprattutto, alla pari consultazione elettorale.
Insomma: la democrazia si salva, anche forzandone le regole. Le ultime occasioni per evitare che la storia si ripeta stanno rapidamente sfumando. Se non saranno colte, la storia si ripeterà. E se si ripeterà, non ci resterà che dolercene. Ma in questo genere di cose, ci se ne può dolere, solo quando ormai è diventato inutile farlo. Dio non voglia che, quando fra due o tre anni lo sapremo con definitiva certezza (insomma: l'Italia del '24, la Germania del febbraio '33), non ci resti che dolercene.


Su una cosa concordiamo, che richiedere l'intervento delle Forze Sane della Nazione, ovvero le Forze Armate, l'Arma dei Carabinieri, non appartiene al fare EVERSIVO, anzi tutt'altro, ma le Forze Sane di una nazione sono principamente una, il POPOLO.......che si muoverà, con l'ausilio, la tutela delle Forze Armate.

mercoledì 13 aprile 2011

RAFFICA DI AVVERTIMENTO DRITTO DI PRUA ...SECONDA RAFFICA A BORDO.....BASTA CON LE CHIACCHIERE……MA CHI DOVREBBE ORDINARE DI APRIRE IL FUOCO!!!! IL MAGNACCIO DI ARCORE???? QUELLO PUO’ SOLO ORDINARE “”DIETRO PAGAMENTO”" …DI APRIRE LE COSCE ALLE TROIE……

RAFFICA DI AVVERTIMENTO DRITTO DI PRUA ...SECONDA RAFFICA A BORDO.....BASTA CON LE CHIACCHIERE……MA CHI DOVREBBE ORDINARE DI APRIRE IL FUOCO!!!! IL MAGNACCIO DI ARCORE???? QUELLO PUO’ SOLO ORDINARE “”DIETRO PAGAMENTO”" …DI APRIRE LE COSCE ALLE TROIE……


Speroni è netto: “Non sbagliano i tunisini. Se uno invade le acque territoriali di un Paese sovrano è lecito usare le armi, questo è diritto internazionale, l’ha fatto anche Zapatero”. E ancora: “Non ce l’hanno certo scritto in fronte se sono profughi, ma non c’è una situazione in Tunisia che giustifichi l’arrivo di profughi. Se venissero da Malta o dal Canada lei direbbe che sono profughi?”. Poi un esempio choc: “Hitler ha sbagliato tutto: se fosse vissuto nei giorni nostri avrebbe mandato dei tedeschi coi barconi a invadere il mondo e nessuno avrebbe potuto fermarli perchè ‘beh, ci sono le ragioni umanitarie’. Noi in Libano, in Afghanistan stiamo usando le armi, perchè non dobbiamo usarle per difendere i nostri confini? Si parla tanto dei 150 anni dell’Unità, qui si tratta di difendere i sacri confini della Patria come qualcuno ancora dice”.

Conclusione che sgombra il campo da ogni dubbio interpretativo: “Noi siamo invasi, c’è gente che viene in Italia senza permesso, violando tutte le regole. A questo punto vanno usati tutti i mezzi per respingerli, eventualmente anche le armi”.

martedì 12 aprile 2011

IL CALIFFATO UNIVERSALE

PREPARIAMOCI A COMBATTERE.....

La "fase 2" di Castelli per fermare i clandestini: "Se diventano milioni, bisognerà usare la forza"

Castelli: "Zapatero ha sparato agli immigrati che volevano andare in Spagna, Sarkozy sta bombardano alcuni possibili immigrati in Libia, si prefigurano momenti drammatici". E spiega: "Se uscisse qualche arma e gli stranieri cominciassero a sparare, noi cosa dovremmo fare?"

"Bisogna respingere gli immigrati, ma non possiamo sparargli, almeno per ora". Ospite in studio del programma di Radio2 Un Giorno da Pecora, il leghista Roberto Castelli, ex ministro della Giustizia e attuale viceministro alle Infrastrutture e ai Trasporti, affronta tra il serio e il faceto interviene nella polemica sull'ondata migratoria che sta invadendo il nostro Paese. "Le violenze degli immigrati, che potrebbe diventare milioni nel corso del tempo, potrebbero obbligare le autorità - spiega - ad usare le armi".

La proposta di Castelli Dai lanci di agenzia sembrava quasi una sparata piuttosto dura: le armi contro i clandestini. In realtà, Castelli ribadisce la proposta avanzata ieri sera a Porta a Porta. E' la "fase 2" per contrastare i continui sbarchi. "Zapatero ha sparato agli immigrati che volevano andare in Spagna, Sarkozy sta bombardano alcuni possibili immigrati in Libia - spiega l'esponente del Carroccio - si prefigurano momenti drammatici. E, se ragioniamo in termini storici, cioè nell’ambito dei prossimi decenni, c’è il pericolo che questa invasione possa diventare di decine di milioni". "Le controversie internazionali, spesso, come abbiamo visto in Iraq o in Kosovo, si risolvono con le armi - continua Castelli - anche se io spero che questo momento non debba mai venire, questo problema potrebbe diventare talmente enorme che dovremo porci il problema di usare anche le armi".

L'uso della violenza Per Castelli la soglia per decidere di sparare è "quando si arriva alla violenza". "Questi signori, che dovevano già essere rimpatriati, hanno cominciato a bruciare i materassi. E se poi cominciassero a tirare sassi, pietre, e quant’altro? Si risponderebbe con gli scudi e i manganelli, perché così si fa nei confronti di qualsiasi cittadino italiano che non rispetta le disposizioni delle autorità di pubblica sicurezza". Poi, polemico, si è chiesto: "E se uscisse qualche arma e cominciassero a sparere, noi cosa dovremmo fare?". Sparare? "Contro le Brigate Rosse, cosa abbiamo fatto?", conclude il leghista.


io concludo dicendo
ITALIANO, ARRUOLATI NELLA GUARDIA NAZIONALE
LEGIONI PER LA SICUREZZA E DIFESA DELLA PATRIA

FUORI DALL’UNIONE EUROPEA….LO DICIAMO DA ANNI!!!,CI DICEVANO PAZZI…..OGGI LO DICONO IN TANTI….

FUORI DALL’UNIONE EUROPEA….LO DICIAMO DA ANNI!!!,CI DICEVANO PAZZI…..OGGI LO DICONO IN TANTI….
Programma per la salvezza della Nazione Pubblicato il 7 aprile 2011 da admin

PROGRAMMA
1. Noi chiediamo la riunione di tutti gli Italiani in una Grande Italia, in base al diritto di autodeterminazione dei popoli;

2. Noi chiediamo l’immediata uscita dell’Italia dall’ Unione Europea;

3. Noi chiediamo la libertà di coltivare terra ed allevare bestiame ed esercitare la pesca per nutrire il nostro popolo;

4. Può essere cittadino dello Stato solo chi sia connazionale. Può essere connazionale solo chi sia di sangue italiano;

5. Chi non è cittadino dello Stato deve poter vivere in Italia solo in veste di ospite e deve sottostare alla legislazione che regola il soggiorno degli stranieri;

6. Il diritto di influire sulla condotta e sulle leggi dello Stato può spettare solo al cittadino. Per questo noi chiediamo che tutte le cariche pubbliche di qualsiasi genere, possano venire occupate solo da cittadini dello Stato. Noi lottiamo contro il parlamentarismo corruttore, contro la attribuzione di cariche in base a considerazioni di partito, senza tenere conto del carattere e delle capacità;

7. Noi chiediamo che lo Stato si impegni ad avere cura in primo luogo di assicurare lavoro e possibilità di esistenza ai cittadini. Qualora non sia possibile soddisfare le necessità primarie della popolazione, gli appartenenti ad altre nazionalità (cioè coloro che non sono cittadini dello Stato) dovranno venire espulsi dal territorio nazionale;

8. Si dovrà impedire ogni nuova immigrazione di non-italiani. Noi chiediamo che tutti i non-italiani che sono immigrati in Italia dopo il 31 dicembre 1977 vengano costretti a lasciare immediatamente il territorio nazionale;

9. Tutti i cittadini dello Stato devono possedere eguali diritti ed eguali doveri;

10. Primo dovere di ogni cittadino dello Stato deve essere quello di produrre, spiritualmente e materialmente. L’attività del singolo non deve urtare contro gli interessi della comunità, ma deve applicarsi nel quadro della collettività e per il bene di tutti;

11. Noi chiediamo l’abolizione del reddito ottenuto senza lavoro e senza fatica. Abolizione della schiavitù dei prestiti ad interesse di banche e finanziare;

12. Considerando l’immane sacrificio di beni e di sangue che ogni guerra chiede al popolo, l’arricchimento personale per mezzo della guerra mascherata da azioni umanitarie deve venire dichiarato delitto contro il popolo. Noi chiediamo quindi la confisca integrale di tutti i profitti provenienti da teatri di zone di guerra;

13. Noi chiediamo la statalizzazione di tutte le imprese associate esistenti, di tutti gli istituti di credito e finanziarie, di tutte le compagnie telefoniche, di tutte le industrie, di tutte le aziende di trasporto aeree, ferroviarie e navali;

14. Noi chiediamo la partecipazione dello Stato agli utili delle grandi imprese che superino un utile netto di 3,5 milioni di euro annui;
15. Noi chiediamo una completa riforma delle previdenze per la vecchiaia;

16. Noi chiediamo che venga creata e conservata una sana classe media; che i grandi magazzini vengano subito collettivizzati ed affittati a basso prezzo a piccoli commercianti; che si aiutino tutti i piccoli commercianti mediante le forniture allo Stato, alle regioni e ai comuni;

17. Noi chiediamo una riforma fondiaria adatta ai nostri bisogni nazionali, l’emanazione di una legge per l’espropriazione senza indennizzo del suolo per fini di pubblica utilità, l’abolizione dell’interesse fondiario e il divieto di ogni speculazione sui terreni;

18. Noi chiediamo la lotta a fondo contro coloro che esplicano attività dannose per l’interesse della comunità. Coloro che commettono delitti contro il popolo. Gli usurai, i profittatori , i politicanti. devono essere condannati a morte dallo Stato, senza distinzione di confessione o di casta;

19. Noi chiediamo che il diritto romano, che serve il mondo materialistico, venga sostituito da un diritto comune italiano;

20. Lo Stato deve provvedere a una radicale riforma di tutto il nostro sistema di istruzione popolare, al fine di permettere ad ogni italiano capace ed attivo di raggiungere un’istruzione superiore e quindi di salire a posti direttivi. I programmi di studio di tutti gli istituti scolastici devono conformarsi ai bisogni della vita pratica. La comprensione del concetto di Stato, così come noi lo intendiamo, deve venire diffusa dalla scuola (istruzione civica) non appena incomincia ad aprirsi l’intelligenza del fanciullo. Noi chiediamo che i figli di genitori poveri, dotati di particolare intelligenza, vengano educati a spese dello Stato, senza aver riguardo alla posizione sociale o alla professione dei genitori.

21. Lo Stato deve provvedere a migliorare la salute pubblica, proteggendo gli anziani, le madri e i fanciulli, vietando il lavoro giovanile, rafforzando la prestanza fisica mediante l’istituzione di ginnastica e sport obbligatori, dando il massimo appoggio a tutte le associazioni che si occupano della educazione fisica della gioventù.

22. Noi chiediamo che venga abolito l’esercito di mestiere e che venga formato un esercito di popolo.

23. Noi chiediamo la lotta legale contro le menzogne politiche consapevoli e contro la loro diffusione a mezzo della stampa. Per rendere possibile la creazione di una stampa italiana, noi chiediamo:

a) che tutti i redattori e collaboratori di giornali pubblicati in lingua italiana debbano essere connazionali

b) che i giornali non italiani debbano ottenere, per esser pubblicati, una espressa autorizzazione dello Stato; e che devono venire stampati in lingua italiana;

c) che ogni partecipazione o influenza finanziaria sui giornali italiani da parte di non italiani venga vietata legalmente, e che la violazione di questa norma venga punita con la chiusura del giornale e con l’immediata espulsione dall’Italia delle persone non italiane implicate. I giornali che contrastano con l’interesse della comunità devono essere vietati. Noi chiediamo la lotta legale contro una organizzazione artistica e letteraria che esercita un influsso disgregatore sulla nostra vita nazionale, e chiediamo la chiusura delle istituzioni che violano i principio sopra esposti.

24. Il Partito, come tale, difende la concezione di un cristianesimo positivo, senza legarsi confessionalmente ad una determinata fede. Esso lotta contro lo spirito materialista entro noi e fuori di noi, ed è convinto che un durevole risanamento del nostro popolo può avvenire soltanto dall’interno, sulla base del principio: l’interesse comune deve prevalere sull’interesse privato.

25. Per attuare tutto questo noi chiediamo che venga creato un forte potere centrale dello Stato. Incondizionata autorità del Parlamento politico centrale su tutto lo Stato e sui suoi uffici in genere. Creazione di camere sindacali e professionali per l’esecuzione nelle singole regioni delle leggi generali emanate dallo Stato.

I Capi del Partito promettono di lottare a fondo, se necessario esponendo la propria vita, per l’attuazione di questi punti. E che ciò si avveri con l’aiuto di Dio.

mercoledì 6 aprile 2011

Programma per la salvezza della Nazione

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Programma per la salvezza della Nazione
Pubblicato il 7 aprile 2011 da admin

PROGRAMMA
1. Noi chiediamo la riunione di tutti gli Italiani in una Grande Italia, in base al diritto di autodeterminazione dei popoli;

2. Noi chiediamo l’immediata uscita dell’Italia dall’ Unione Europea;

3. Noi chiediamo la libertà di coltivare terra ed allevare bestiame ed esercitare la pesca per nutrire il nostro popolo;

4. Può essere cittadino dello Stato solo chi sia connazionale. Può essere connazionale solo chi sia di sangue italiano;

5. Chi non è cittadino dello Stato deve poter vivere in Italia solo in veste di ospite e deve sottostare alla legislazione che regola il soggiorno degli stranieri;

6. Il diritto di influire sulla condotta e sulle leggi dello Stato può spettare solo al cittadino. Per questo noi chiediamo che tutte le cariche pubbliche di qualsiasi genere, possano venire occupate solo da cittadini dello Stato. Noi lottiamo contro il parlamentarismo corruttore, contro la attribuzione di cariche in base a considerazioni di partito, senza tenere conto del carattere e delle capacità;

7. Noi chiediamo che lo Stato si impegni ad avere cura in primo luogo di assicurare lavoro e possibilità di esistenza ai cittadini. Qualora non sia possibile soddisfare le necessità primarie della popolazione, gli appartenenti ad altre nazionalità (cioè coloro che non sono cittadini dello Stato) dovranno venire espulsi dal territorio nazionale;

8. Si dovrà impedire ogni nuova immigrazione di non-italiani. Noi chiediamo che tutti i non-italiani che sono immigrati in Italia dopo il 31 dicembre 1977 vengano costretti a lasciare immediatamente il territorio nazionale;

9. Tutti i cittadini dello Stato devono possedere eguali diritti ed eguali doveri;

10. Primo dovere di ogni cittadino dello Stato deve essere quello di produrre, spiritualmente e materialmente. L’attività del singolo non deve urtare contro gli interessi della comunità, ma deve applicarsi nel quadro della collettività e per il bene di tutti;

11. Noi chiediamo l’abolizione del reddito ottenuto senza lavoro e senza fatica. Abolizione della schiavitù dei prestiti ad interesse di banche e finanziare;

12. Considerando l’immane sacrificio di beni e di sangue che ogni guerra chiede al popolo, l’arricchimento personale per mezzo della guerra mascherata da azioni umanitarie deve venire dichiarato delitto contro il popolo. Noi chiediamo quindi la confisca integrale di tutti i profitti provenienti da teatri di zone di guerra;

13. Noi chiediamo la statalizzazione di tutte le imprese associate esistenti, di tutti gli istituti di credito e finanziarie, di tutte le compagnie telefoniche, di tutte le industrie, di tutte le aziende di trasporto aeree, ferroviarie e navali;

14. Noi chiediamo la partecipazione dello Stato agli utili delle grandi imprese che superino un utile netto di 3,5 milioni di euro annui;
15. Noi chiediamo una completa riforma delle previdenze per la vecchiaia;

16. Noi chiediamo che venga creata e conservata una sana classe media; che i grandi magazzini vengano subito collettivizzati ed affittati a basso prezzo a piccoli commercianti; che si aiutino tutti i piccoli commercianti mediante le forniture allo Stato, alle regioni e ai comuni;

17. Noi chiediamo una riforma fondiaria adatta ai nostri bisogni nazionali, l’emanazione di una legge per l’espropriazione senza indennizzo del suolo per fini di pubblica utilità, l’abolizione dell’interesse fondiario e il divieto di ogni speculazione sui terreni;

18. Noi chiediamo la lotta a fondo contro coloro che esplicano attività dannose per l’interesse della comunità. Coloro che commettono delitti contro il popolo. Gli usurai, i profittatori , i politicanti. devono essere condannati a morte dallo Stato, senza distinzione di confessione o di casta;

19. Noi chiediamo che il diritto romano, che serve il mondo materialistico, venga sostituito da un diritto comune italiano;

20. Lo Stato deve provvedere a una radicale riforma di tutto il nostro sistema di istruzione popolare, al fine di permettere ad ogni italiano capace ed attivo di raggiungere un’istruzione superiore e quindi di salire a posti direttivi. I programmi di studio di tutti gli istituti scolastici devono conformarsi ai bisogni della vita pratica. La comprensione del concetto di Stato, così come noi lo intendiamo, deve venire diffusa dalla scuola (istruzione civica) non appena incomincia ad aprirsi l’intelligenza del fanciullo. Noi chiediamo che i figli di genitori poveri, dotati di particolare intelligenza, vengano educati a spese dello Stato, senza aver riguardo alla posizione sociale o alla professione dei genitori.

21. Lo Stato deve provvedere a migliorare la salute pubblica, proteggendo gli anziani, le madri e i fanciulli, vietando il lavoro giovanile, rafforzando la prestanza fisica mediante l’istituzione di ginnastica e sport obbligatori, dando il massimo appoggio a tutte le associazioni che si occupano della educazione fisica della gioventù.

22. Noi chiediamo che venga abolito l’esercito di mestiere e che venga formato un esercito di popolo.

23. Noi chiediamo la lotta legale contro le menzogne politiche consapevoli e contro la loro diffusione a mezzo della stampa. Per rendere possibile la creazione di una stampa italiana, noi chiediamo:

a) che tutti i redattori e collaboratori di giornali pubblicati in lingua italiana debbano essere connazionali

b) che i giornali non italiani debbano ottenere, per esser pubblicati, una espressa autorizzazione dello Stato; e che devono venire stampati in lingua italiana;

c) che ogni partecipazione o influenza finanziaria sui giornali italiani da parte di non italiani venga vietata legalmente, e che la violazione di questa norma venga punita con la chiusura del giornale e con l’immediata espulsione dall’Italia delle persone non italiane implicate. I giornali che contrastano con l’interesse della comunità devono essere vietati. Noi chiediamo la lotta legale contro una organizzazione artistica e letteraria che esercita un influsso disgregatore sulla nostra vita nazionale, e chiediamo la chiusura delle istituzioni che violano i principio sopra esposti.

24. Il Partito, come tale, difende la concezione di un cristianesimo positivo, senza legarsi confessionalmente ad una determinata fede. Esso lotta contro lo spirito materialista entro noi e fuori di noi, ed è convinto che un durevole risanamento del nostro popolo può avvenire soltanto dall’interno, sulla base del principio: l’interesse comune deve prevalere sull’interesse privato.

25. Per attuare tutto questo noi chiediamo che venga creato un forte potere centrale dello Stato. Incondizionata autorità del Parlamento politico centrale su tutto lo Stato e sui suoi uffici in genere. Creazione di camere sindacali e professionali per l’esecuzione nelle singole regioni delle leggi generali emanate dallo Stato.

I Capi del Partito promettono di lottare a fondo, se necessario esponendo la propria vita, per l’attuazione di questi punti. E che ciò si avveri con l’aiuto di Dio.



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PARTITO DEI NAZIONALISTI ITALIANI

Il sole nero , simbolo esoterico, magico, l'inizio di tutto.......

Art.1. Denominazione, sede, durata e contrassegno
E’ costituita una libera Organizzazione politica, culturale – religiosa denominata:
PARTITO NAZIONALISTA ITALIANO di seguito definita in sigla P.N.I. Altresì denominata : PARTITO ULTRANAZIONALISTA
La sede sociale, legale ed amministrativa dell’Organizzazione viene fissata in……………………… via………………………………………………………………………………………………………
Possono essere istituite altre sedi nazionali e internazionali, centrali e periferiche. L’Organizzazione ha durata cinquantennale, successivamente prorogabile tacitamente ogni dieci anni consecutivamente.

L’Organizzazione ha un proprio contrassegno cosi definito:

Un cerchio con all’interno dodici raggi solari

Ed un proprio motto :

NOBISCUM DEUS

Art.2. Oggetto sociale e struttura organizzativa:
Viene promossa la realizzazione di un Partito ultranazionalista organizzato su base territoriale regionale riconoscendo il livello regionale alle province autonome di Trento e Bolzano. Il medesimo stato e’ riconosciuto all’insieme delle circoscrizioni estere, mentre i singoli Stati esteri, si potranno dare la medesima struttura prevista per il livello Regionale. Le strutture territoriali del Partito hanno propria autonomia e responsabilità statutaria, amministrativa, contabile, fiscale e civile, nel rispetto dei principi generali e delle norme stabilite nel presente Statuto. Esse non possono in alcun modo vincolare o impegnare il Partito.
Agli “Statuti regionali” del Partito compete il compito di definire l’assetto organizzativo e rappresentativo al loro livello ed a quelli sottostanti. Gli Statuti regionali, nel disciplinare quanto di loro competenza, devono attenersi – per essere riconosciuti politicamente dal Partito – ai principi fondamentali desumibili dal presente Statuto e devono prevedere almeno la figura di un Segretario Territoriale, di un Organo assembleare regionale, di un Esecutivo Regionale, del Tesoriere Regionale e di un Organo Regionale di controllo e garanzia. E’ compito degli Statuti Regionali regolamentare l’individuazione delle cariche e degli incarichi di Partito e dei delegati assembleari. A loro volta gli Statuti Regionali, possono prevedere articolazioni territoriali su basi comunali o di altri ambiti, purché essi non contrastino sotto alcun profilo e non impegnino in alcun modo il presente Partito. Le strutture nazionali e territoriali del Partito a qualsiasi livello possono concorrere alle competizioni elettorali e referendarie previa specifica ed espressa autorizzazione (e nei limiti anche temporali della delega scritta che dovrà essere di volta in volta rilasciata, a pena di nullità) del Presidente del Partito o suo delegato.
Le strutture e gli organi territoriali del Partito decadono con provvedimento del Presidente del Partito o su delega, dall’Esecutivo Nazionale, in caso di grave violazione dello Statuto Nazionale o delle direttive di ordine generale impartite o per mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati. In tal caso il Presidente del Partito (o suo sostituto) provvede a ricostruire, parzialmente o totalmente, un nuovo rapporto politico fiduciario con gli stessi od altri soggetti. Gli Organi elettivi Territoriali, a qualsiasi livello, deliberano a maggioranza assoluta dei presenti se non diversamente stabilito dal presente Statuto associativo o dagli Statuti Territoriali del Partito.

Art.3. Finalità del partito:
Il Partito Ultranazionalista e’ un Partito politico autonomo ed indipendente in grado di offrirsi come luogo di partecipazione, di proposta, di elaborazione e di azione come Partito organizzato per la salvaguardia dell’integrità Nazionale e per la Sicurezza dello Stato Italiano, al riparo dai vincoli della burocrazia e dei meri cartelli elettorali unificati in partiti unici. Il Partito può concorrere alle competizioni politiche, elettorali e referendarie a qualsiasi livello, anche raggruppandosi con altre forze politiche, sociali e culturali previa specifica ed espressa autorizzazione, e nei limiti anche temporali della delega scritta, che dovrà essere di volta in volta rilasciata dal Presidente (ovvero da suoi delegati). Il Partito si riconosce nella difesa della Nazione e dello Stato Italiano.

martedì 5 aprile 2011

Partito Nazionalista Italiano



UNO SPETTRO SI AGGIRA TRA DI NOI...
LO SPETTRO DELLA POVERTA'

VEDIAMO E SENTIAMO I NOSTRI ""POLITICI"" SCIORINARE FORMULE E DATI... SI DICE... FORSE... POTREMMO... VORREI MA NON POSSO...... ABBIAMO VISTO E sentito TREMONTI CHE DEL PDL E' IL NUMERO VERO NUMERO DUE....., DICHIARARE CHE, PURTROPPO, LA CRESCITA CHE NEGLI ULTIMI CINQUANTA ANNI AVEVA PORTATO BENESSERE E' IRRIMEDIABILMENTE FINITA... E CHE UN MILIONE E MEZZO DI LAVORATORI CINESI STA PER ESSERE IMMESSO SUL MERCATO DEL LAVORO... ED ALTRETTANTI PROVERRANNO DALL'AREA INDIANA...INTANTO DECINE DI MIGLIAIA DI NORDAFRICANI CI STANNO SITEMATICAMENTE INVADENDO.NON SONO LE CENTINAIA CHE I TG FANNO VEDERE MENTRE SBARCANO A LAMPEDUSA, MA LE MIGLIAIA CHE OGNI NOTTE APPRODANO SILENZIOSAMENTE SULLE SPIAGGE DI SICILIA E CALABRIA......SONO TUTTI BEN VESTITI CON SCARPE DI MARCA,TELEFONI ULTRAMODERNI.....SONE LE AVANGUARDIE DELLA Jihad.......

DUNQUE ???

RITORNIAMO ORA E SUBITO ALLA SOVRANITA' DELLA NOSTRA NAZIONE, FUORI DALLA UNIONE EUROPEA DI QUESTI RAGIONIERI DA ACQUEDOTTO CHE STANNO AFFAMANDO IL NOSTRO POPOLO

RITORNIAMO ALLA LIRA ""BATTUTA"" DALLA NOSTRA NAZIONE,

RIPRISTINIAMO DAZI E FRONTIERE,

NAZIONALIZIAMO TUTTO CIO' CHE SI TROVA SUL SUOLO ITALIANO

BLOCCHIAMO LE FRONTIERE E RESPINGIAMO L'INVASIONE SISTEMATICA CHE E SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI

REVOCHIAMO TUTTI I PERMESSI DI SOGGIORNO CON ESPULSIONI COATTE

SOLO COSI' IL NOSTRO POPOLO, LA NOSTRA NAZIONE, SARANNO

S A L V I

lunedì 4 aprile 2011

LA VOCE DELLE VOCI, Il fritto misto della MISTIFICAZIONE – RITA PENNAROLA, PROFESSIONE TRAGEDIATRICE……Pennarola ,la pennivendola che viene usata dal ex sismi deviato oggi A.I.S.E. per fare disinformazione…….

LA VOCE DELLE VOCI, Il fritto misto della MISTIFICAZIONE – RITA PENNAROLA, PROFESSIONE TRAGEDIATRICE……Pennarola ,la pennivendola che viene usata dal ex sismi deviato oggi A.I.S.E. per fare disinformazione…….



Pennarola ,la pennivendola che viene usata dal ex sismi deviato oggi A.I.S.E. per fare disinformazione.......

L’ESTREMA DESTRA E I MERCENARI-L’ESERCITO DEI SAYA

di Rita Pennarola [ 04/04/2011]

In caso di disordini favoriti dal conflitto in Libia, anche nel nostro Paese sarebbero gia’ pronti interi eserciti privati, come gia’ avviene nel golfo della Sirte e da sempre negli Usa. Le rivelazioni arrivano dal panorama della defense che in Italia, dove la legge proibisce reclutamento e addestramento di mercenari, si muove spesso lungo il confine tra la formazione di vigilantes e il fanatismo. Su tutte arrivano poi le ronde nere della Guardia nazionale fondata da Gaetano Saya.

Cinquantamila uomini, dislocati nelle piu’ diverse regioni del territorio italiano sarebbero gia’ pronti. Nel caso in cui la polveriera Maghreb dovesse deflagrare definitivamente, con conseguenze drammatiche anche sul nostro Paese, alcuni eserciti paralleli, assolutamente privati e finora rimasti nell’ombra potrebbero cavalcare l’onda dei disordini e condurre l’Italia sull’orlo del golpe, fomentando anche l’onda dei movimenti autonomisti, che potrebbero entrare comunque in azione al primo scoccare di una scintilla. Non si tratta di fantapolitica, ma di segnalazioni circostanziate, con tanto di documenti, arrivate alla Voce da luoghi e personaggi diversissimi, affidabili e certamente non in contatto fra loro. I segnali, poi, sono anche altri. Un esempio su tutti: il sondaggio lanciato a meta’ marzo dalle colonne del quotidiano Libero: “In caso di attacco straniero all’Italia, ti arruoleresti?”, in cui prevale una maggioranza di si’. Cerchiamo allora di vederci chiaro, mettendo insieme gli elementi raccolti e raccontando due diversi scenari, collegati ad altrettanti personaggi.

RONDAe#8200;SUe#8200;RONDA
Si parte con l’approvazione della legge numero 94 del 15 luglio 2009: fortemente voluta dalla Lega e dai duri e puri dell’allora Alleanza Nazionale, e’ la norma varata nell’ambito del “pacchetto sicurezza” che prevede, oltre a regole piu’ restrittive per gli extracomunitari, anche l’istituzione delle cosiddette ronde, gruppi di cittadini che, a meta’ strada fra volontari della protezione civile e rudi vigilantes, in coordinamento con sindaci e prefetture, ma senza poter fare uso di armi, esercitano funzioni di sorveglianza sui territori cittadini. Questo, almeno, lo spirito della legge. Che pero’, oltre agli sparuti gruppi di cittadini “inkazzati” che escono in perlustrazione la sera nelle cittadine del nord, ha dato il via anche alla nascita di gruppi seriamente intenzionati ad armarsi e scendere in campo con ben altre finalita’. Il tutto, per giunta, starebbe avvenendo grazie ad una “mediazione” molto particolare: «alcuni segmenti della Lega Nord – rivela una fonte vicina a questo milieu – non sono estranei ad una rete capillare di pseudo logge massoniche sparse su tutto il territorio nazionale che puntano proprio sugli “eserciti rondisti” per realizzare, in determinate condizioni, i loro intenti secessionisti». Funzionali a tali scopi sarebbero poi, nell’ambito dello stesso scenario, taluni movimenti autonomisti, soprattutto quelli attivi al sud. «C’e’ un autentico piano eversivo – dice ancora la nostra fonte – che si basa sulla presenza di eserciti privati, finora rimasti sotto traccia, pezzi della Lega e frange consistenti dei movimenti sudisti in odor di autonomia».

L’ORAe#8200;DIe#8200;SAYA
In testa ai rondisti dall’arma facile ci sarebbero alcuni uomini “carismatici”, come un personaggio gia’ noto alle cronache giudiziarie: il neofascista (ma lui preferisce definirsi nazionalista) Gaetano Saya. Chi e’ davvero Saya? Un pericolo pubblico per la democrazia? O solo un pataccaro capace di suggestionare gli istinti piu’ feroci? Facciamo un passo indietro.
E’ il primo luglio del 2005 quando la procura della repubblica di Genova, che sta indagando sull’arruolamento di Fabrizio Quattrocchi, morto in Iraq, dispone l’arresto di Gaetano Saya e dell’allora suo braccio destro Riccardo Sindoca. L’accusa e’ quella di aver dato vita ad un Sismi parallelo, il Dipartimento studi strategici antiterrorismo (Dssa) costituito da sedicenti agenti segreti dediti ad attivita’ investigative non ufficiali sul terrorismo di matrice islamica. Associazione per delinquere finalizzata all’usurpazione di pubbliche funzioni, illecito utilizzo di dati ed informazioni riservate attraverso l’illegale consultazione delle banche dati del ministero dell’Interno: questi i reati a vario titolo ipotizzati per Saya e per gli altri 22 indagati, molti dei quali risultati appartenenti a Polizia, Carabinieri, Guardia di Finanza e Polizia Penitenziaria.
Operanti in nove regioni italiane, i “miliziani” della Dssa secondo gli investigatori puntavano ad accreditarsi presso importanti organismi nazionali ed internazionali, tra i quali probabilmente anche servizi segreti stranieri, per ottenere finanziamenti. I falsi 007 non esitavano ad effettuare pedinamenti o indagini e ad utilizzare illecitamente distintivi e palette in uso alle forze dell’ordine. Un filone dell’inchiesta arriva fino a Milano, dove la Dssa aveva appena aperto una sede a supporto del quartier generale di Roma.

UNe#8200;CERTOe#8200;ABUe#8200;OMAR…
Questa la versione ufficiale dei fatti, la cronaca giudiziaria che abbiamo letto sui giornali. Ma ci sarebbe un piccolo particolare: lo scoppio contemporaneo sulla stampa del caso Abu Omar, vale a dire il rapimento dell’Imam di Milano ad opera della Cia e di una parte dei Servizi italiani. Il 1 luglio 2005, come abbiamo visto, scatta l’arresto ai domiciliari per Saya. E il giorno dopo l’agente Betulla, Renato Farina, scrive su Libero: «Gaetano Saya e il Dssa hanno fatto parte del gruppo operativo della Cia che ha sequestrato Abu Omar». Farina, oggi deputato del Pdl, ha patteggiato la pena per le accuse di favoreggiamento a suo carico, riconoscendo fra l’altro di essere a libro paga del Sismi di Nicolo’ Pollari.
E qui si arriva al punto. Perche’, secondo alcune fonti riservate, Saya era stato gia’ in precedenza convocato da emissari di Pollari, compresi alcuni noti giornalisti i cui nomi vennero fuori proprio nel periodo degli scandali al Sismi. «Nel corso di un appuntamento in zona via Sicilia, poco distante dalla redazione di Panorama, a Saya fu fatto credere che, con i suoi squadroni, avrebbe realmente avuto un ruolo nella vicenda dell’Imam». A fine giugno 2005 il Corriere della Sera titolava gia’ “I pm di Milano: arrestate gli agenti della Cia”. E poche ore dopo scatta il piano: tirare in ballo Saya e creare un polverone mediatico, proprio mentre gli uomini dei Servizi statunitensi lasciavano in segreto il nostro Paese.
«Si trattava in realta’ di una trappola – dice la nostra fonte – l’ennesimo depistaggio per deviare il corso delle indagini su Abu Omar, una nuova tappa dello scontro in atto al Sismi fra i “pollariani” e i nemici del generale. Ma tanto servi’ ad attribuire a Saya e ai suoi una visibilita’ che altrimenti non avrebbero mai avuto».
Sei anni dopo, con le inchieste giudiziarie ancora pendenti sul suo capo (mentre Sindoca e’ stato prosciolto), Saya torna in campo piu’ roboante che pria. Lancia anatemi via web al pubblico ministero milanese Armando Spataro (che a suo carico ipotizza i reati di apologia del fascismo e ricostituzione del partito fascista, mentre e’ caduta l’accusa di associazione per delinquere) e si proclama capo della GNI, Guardia Nazionale Italiana, ala militare del Movimento Sociale Italiano Destra Nazionale, capitanato da Maria Antonietta Cannizzaro, moglie del “conducador” di stampo mussoliniano. Nel frattempo, infatti, il governo ha varato il famoso pacchetto sicurezza del 2009 e sdoganato, indirettamente, i “rondisti” Saya e C. Proprio all’indomani della nuova norma, Saya presenta in pompa magna a Milano le sue Ronde nere. Poche ore dopo scattano le indagini dei pm Spataro e Manlio Minale.
Passano alcuni mesi e i fascistoni ci ricascano: ad aprile 2010 in provincia di Genova viene fermato un «imprenditore campano cinquantenne» per uso illecito di palette della polizia, sirene ed altri elementi distintivi delle forze dell’ordine. L’uomo, sorpreso, si dichiara appartenente all’Msi Destra Nazionale della Cannizzaro. Non vengono rese note le sue generalita’, si sa soltanto che si occupa di macchinette per i videopoker. Attivita’ che in Campania e’ notoriamente appannaggio esclusivo dei clan camorristici o di personaggi ad essi collegati.

PATACCAROe#8200;Ae#8200;CHI?
Siamo cosi’ arrivati ai giorni nostri, alle turbolente atmosfere di guerra dietro l’angolo del Mediterraneo e a tutta quella serie di assetti privati in divisa che starebbero gia’ vagheggiando il ruolo di contractors e relativi appalti da miliardi. In testa, a quanto pare, anche gli uomini al comando di Saya. La notizia arriva da fonti molto vicine alle “camicie nere” del neofascista (ma in pubblico si proclama “nazionalista”) di origine messinese, il quale si sposterebbe oggi con maggior frequenza dalla base romana alla sua terra natale per via della intensa frequentazione con una esponente delle forze dell’ordine (questa si’, autentica), specialmente dopo la separazione consensuale dalla compagna Maria Antonietta, cui rimane legato dalla comune militanza politica.
Lei intanto, la “generalessa” Cannizzaro, ama farsi ritrarre in divisa al comando dei suoi “militi”, o in abito di gala mentre scende da auto blu di grossa cilindrata (Mercedes, Bmw, Porsche o giu’ di li’), tutte rigorosamente con sirena lampeggiante e, possibilmente, autista al seguito. «Quello dei bolidi circolanti – spiega un fuoriuscito dallo staff “presidenziale” – e’ uno status symbol che, nel partitino della Cannizzaro, risulta dilatato oltre ogni misura. Sono oltre una decina, come e’ possibile controllare al Pubblico registro automobilistico, le vetture di questo genere intestate al Msi ed utilizzate da altrettanti dirigenti, dalla Calabria al Lazio fino alla Lombardia e altrove». Nel “pacchetto”, aggiunge il nostro interlocutore, ci sarebbero anche contravvenzioni per una cinquantina di migliaia di euro, tutte ferme nei cassetti ed in attesa di condono “dall’alto”.
Ma da dove arrivano, al partitino della Cannizzaro, i denari necessari a mantenere un apparato cosi’ faraonico? Lei, la signora, nata a Messina, un diploma di ragioniera esibito su Facebook a corredo dell’album fotografico tra glamour e kapo’, l’ambizione dichiarata di diventare “infermiera professionale”, mentre indossa staffe, stivaloni e berrettacci neri con l’effigie dell’aquila reale, si attrezza nel miraggio degli squadroni a contratto, e intanto non disdegna la vendita di distintivi, divise ed altri gadget in odor di neonazismo. «La stessa cosa – dichiara a mezza bocca un ex iscritto – che fa Saya. Vuoi entrare in massoneria? Ecco: una sostanziosa quota d’iscrizione, un bel cappuccio in testa e giu’ nello scantinato con lui a lume di candela. Per entrare nella Guardia Nazionale Italiana invece – precisa ancora il nostro uomo – e’ prevista una cifra simbolica. Solo che poi devi comprare la divisa. gli stivali e tutto il resto. E da chi li acquisti? Da lui, naturalmente…».
Insomma, nell’estrema destra di Saya, Cannizzaro e C. non si butta via niente: dagli orpelli venduti alle centinaia di giovani che fanno richiesta per entrare nelle “truppe nere” destinate a “ripristinare l’ordine nel Paese”, fino alle ben piu’ ambiziose mire di “esercito privato”, bell’e pronto in caso di conflitto o destabilizzazione. Durante la parata milanese dello scorso anno i “legionari” agli ordini di Saya erano circa 1.200. Oggi il numero sarebbe decuplicato.
«Questi dieci-ventimila uomini – taglia corto un anziano militare – sparsi lungo la penisola, pronti ad entrare in azione al momento opportuno, non sono oggi ufficialmente armati, ma non possiamo escludere che siano addestrati, anche perche’ tra le loro fila ci sono molti simpatizzanti attivi attualmente in seno alle forze dell’ordine o all’esercito. Il vero pericolo insomma e’ che, in un momento di difficolta’ per il Paese, possano trovare qualcuno disposto a finanziarli ed armarli». Resta il fatto che la Guardia Nazionale Italiana si proclama apertamente al fianco del Pdl e di Silvio Berlusconi. E che il simbolo scelto per il Partito Nazionalista Italiano, annunciato da Gaetano Saya, e’ composto da una serie di SS di nazista memoria ripetute infinite volte dentro un cerchio nero. Quanto al rapporto col premier, dopo le ripetute avances andate a vuoto del partito della Cannizzaro, pare siano state respinte al mittente anche le profferte di Saya, latore di presunti “dossier” sui finiani durante la lacerazione del Pdl.

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Negli anni “d’oro” della Dssa, quando le frequentazioni altolocate servivano a circondarlo d’un’aura imperscrutabile di onnipotenza, Saya amava circondarsi di una leggenda, le regolari visite dal papa. L’auto sulla quale viaggiava per gli spostamenti in Vaticano era guidata all’epoca da un conducente speciale: Marcello Sanna. Il quale, oltre ad essere un fervente adepto della Dssa, nella vita faceva il capo operaio presso una casa di cura molto particolare con sede in zona Castelli romani.
La clinica esiste tuttora ed e’ un autentico colosso della sanita’ privata. L’Istituto Neurotraumatologico Italiano, reparti per vip a Grottaferrata e direzione generale nel centro di Roma, e’ stato fondato da Guelfo Galileo Faroni, oggi presidente onorario ultranovantenne del gruppo, amministrato dalla figlia Jessica Faroni, medico e da un paio d’anni presidente dell’Aiop nel Lazio, la sigla associativa delle case di cura private.
Solo un caso, il fatto che a far da choffeur a Saya per le “visite al papa” («in realta’ andavano a trovare un usciere dei Palazzi Vaticani, licenziato appena si e’ scoperta la messinscena», dice uno dei nostri informatori) fosse un dipendente dei Faroni? Magari c’e’ qualcosa d’altro, o forse no. Ma qualcuno, in ambienti investigativi della capitale, ricorda che l’istituto dei Faroni fu lambito dallo scandalo su “lady Asl”, la zarina della sanita’ regionale Anna Iannuzzi condannata nel 2007 per aver creato “un buco” da 80 milioni di euro nelle casse della sanita’ laziale con la complicita’ di medici, funzionari e politici di primo piano.
«Le indagini a tutto campo sul caso Lady Asl – viene ancora sottolineato – furono condotte da poliziotti che qualche volta si trovarono fra le mani documenti scottanti. Di certo, parecchi fra loro sono stati repentinamente destinati a missioni estere, dal Kosovo all’Albania, ed hanno dovuto lasciare quelle inchieste sulla sanita’». Fra le circostanze che stavano venendo alla luce – ricorda qualcuno – anche la frequente presenza di pezzi grossi dei Servizi italiani, o di loro “ospiti”, per degenze di lusso nella clinica dei Faroni.

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Fin qui le gesta di Saya e dei suoi. Ma non e’ finita. Perche’ un altro gruppo attivo nella capitale potrebbe – secondo alcune fonti – essere da tempo al lavoro sullo stesso terreno: quello della security capace di trasformarsi, all’occorrenza, in un esercito bell’e pronto per l’uso. Nessuna violazione, almeno in apparenza, della legge italiana, che proibisce l’addestramento di mercenari. Ma solo la solita, “innocente” formazione di body guard, vigilantes, buttafuori e dintorni,
Il personaggio intorno a cui ruoterebbero simili attivita’, come tutti i Rambo di professione, ama circondarsi d’una fama leggendaria: tanto per cominciare, racconta d’aver avuto una love story con Nicole Kidman, «dopo la fine della relazione fra la diva e Tom Cruise», chiosano un paio di siti gossippari sul web. Non sappiamo se lui, il quarantasettenne Antonio Marrapese originario di Capua, provincia di Caserta, abbia realmente fatto breccia nel cuore della bellissima Nicole, ma di sicuro puo’ contare su alcune amicizie di peso. Non si spiega diversamente, per esempio, l’autentico redazionale sulla sua biografia pubblicato sotto forma di articolo (con tanto di firma: Romano Pietro) dal Corriere della Sera il 28 agosto del 2009 a pagina 43. L’incipit parla gia’ da solo. «Dalla societa’ del metronotte alla security international company. È lo slogan della Defensecurity, l’azienda creata da Antonio Marrapese. Casertano di origine, formazione internazionale, rappresentante legale per l’Italia di Defence security training service corporation (la numero due al mondo nel settore della sicurezza dopo il gigante Blackwater), Marrapese, un imprenditore molto riservato che non vuole diffondere sue immagini, conta esperienze nella tutela di capi di Stato e, piu’ di recente, in Iraq e in Afghanistan». Blackwater, lo ricordiamo, e’ il principale contractor per la fornitura di uomini ed eserciti armati sui territori di guerra, dall’Iraq all’Afghanistan.
Proprio ad agosto 2009 la societa’ di Marrapese faceva intanto il suo ingresso nel salotto buono di Confindustria e il Corriere, per celebrare degnamente l’evento, non trovava di meglio che auspicare l’arrivo della «autorizzazione di polizia che le permettera’ di scendere in campo», sottolineando al tempo stesso che «nel frattempo e’ scattato il reclutamento di 3.500 uomini, da completare entro il 2011, quando si prevede un fatturato di 190 milioni. Per la fine dell’anno – viene precisato piu’ avanti – l’organico sara’ di mille unita’», tutte superpagate, dal momento che «gli stipendi alti sono al centro della politica aziendale di Marrapese».
Iscritta come soggetto estero alla Camera di Commercio di Roma, la Defense Security Service Corporation, con sede legale a Panama, declina un oggetto sociale “rude” (anche con la lingua italiana), ma piuttosto eloquente: «Gli scopi generali della societa’ si basano nel fare tutte le cose che piu’ avanti si espongono nello stesso modo che le persone naturali possono fare in qualsiasi parte del mondo». E cosa fanno, in qualsiasi parte del mondo, le “persone naturali”? «La gestione ed organizzazione di corsi di addestramento di attivita’ relative alla protezione delle persone e dei suoi beni, servizi di antisequestro, ricerca di persone scomparse, servizio antiguerriglia e servizio antiterrorismo».
Alla Defense di Marrapese, stando alle brochure informative, sul “Security Training” non si trascura alcun particolare: si va dalla Analisi degli attentati alla Gestione della minaccia, dalle Strategie e tattiche di scorta protettiva alle Armi e balistica, dalle Tecniche di tiro da combattimento alle Tecniche di individuazione di ordigni esplosivi o di microspie, fino alla Pianificazione scorte nei paesi ad alto rischio, con un accento particolare posto sull’esigenza di «ottenere il riconoscimento giuridico nei paesi dove non e’ previsto, in special modo in Italia».
Esistono realmente, da qualche parte dell’Italia o all’estero, eserciti di giovani addestrati all’uso delle armi e pronti ad imbracciarle al momento opportuno? Molti, fra coloro che sono dentro al rischioso mondo della security, sono pronti a giurarci. Quanto a Marrapese, un paio d’anni fa aveva dettato la sua autobiografia anche ad un giornale non ufficiale dei sindacati di polizia. E da li’ scopriamo che all’estero la sua societa’ gli eserciti privati li fornisce ufficialmente e gia’ da tempo («Come sono armati i contractors e quali Rules of Engagement hanno?», gli chiede l’intervistatore. Risposta: «Veniamo armati direttamente dai governi per i quali lavoriamo»). E poi un particolare di non poco conto circa la sua formazione: «Antonio Marrapese ha passato 18 mesi in un campo di addestramento sul lago della Sirte ad imparare i primi rudimenti sulle armi, l’esplosivistica, l’interrogatorio ed il controinterrogatorio».
Insomma, con la guerra che infiamma oggi proprio il Golfo della Sirte, l’uomo giusto al posto giusto. 

Ora la Lega vuole gli eserciti regionali Secco no di La Russa: “Difesa unita” Presentata la proposta di legge alla Camera: le “milizie” interverranno in caso di calamità naturali e attentati e saranno impiegate per mantenere l’ordine pubblico. Saranno composte da cittadini italiani volontari. Ma il ministro della Difesa non ci sta: “L’esercito non si parcellizza”. Pubblicato il 4 aprile 2011 da admin SIETE ARRIVATI IN RITARDO……….. LA GUARDIA NAZIONALE ESISTE GIA’ ,RISPONDE ALLA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA , ED AL SUO CAPO, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, CAPO DI TUTTE LE FORZE ARMATE………..

Ora la Lega vuole gli eserciti regionali Secco no di La Russa: “Difesa unita” Presentata la proposta di legge alla Camera: le “milizie” interverranno in caso di calamità naturali e attentati e saranno impiegate per mantenere l’ordine pubblico. Saranno composte da cittadini italiani volontari. Ma il ministro della Difesa non ci sta: “L’esercito non si parcellizza”.
Pubblicato il 4 aprile 2011 da admin

SIETE ARRIVATI IN RITARDO………..
LA GUARDIA NAZIONALE ESISTE GIA’ ,RISPONDE ALLA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA , ED AL SUO CAPO, IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, CAPO DI TUTTE LE FORZE ARMATE………..

Ora la Lega vuole gli eserciti regionali Secco no di La Russa: “Difesa unita”

Presentata la proposta di legge alla Camera: le “milizie” interverranno in caso di calamità naturali e attentati e saranno impiegate per mantenere l’ordine pubblico. Saranno composte da cittadini italiani volontari. Ma il ministro della Difesa non ci sta: “L’esercito non si parcellizza”. Sinistra all’attacco

Roma – Costituire degli eserciti regionali, sul modello della Guardia nazionale americana, che siano pronti a intervenire in caso di calamità naturali, gravi attentati, incidenti alle infrastrutture o ai siti produttivi e da impiegare per mantenere l’ordine pubblico qualora il Consiglio dei ministri o i governatori regionali lo deliberino. E’ questo l’obiettivo che si propone di raggiungere la Lega con la proposta di legge presentata il 15 marzo ed annunciata oggi alla Camera. Immediato il “no” del ministro della Difesa, Ignazio La Russa: “In ogni paese, anche il più federalista del mondo, l’esercito non viene mai regionalizzato o parcellizzato. È una delle caratteristiche dello stato unitario”.
L’istituzione di “milizie” regionali Il provvedimento, che porta la firma di quasi tutti i componenti del gruppo del Carroccio (ad eccezione del capogruppo Marco Reguzzoni) prevede che le “milizie” siano composte, tra l’altro, da cittadini italiani volontari cessati dal servizio senza demerito con età inferiore ai quarant’anni. “Nella Repubblica – si legge nella relazione del provvedimento – manca uno strumento agile e flessibile che possa essere impiegato a richiesta degli esecutivi regionali per far fronte alle situazioni che esigono l’attivazione del sistema di protezione civile”. “L’importazione nel nostro ordinamento dell’Istituto della Guardia Nazionale – aggiungono i deputati della Lega – permetterebbe di assicurare il soddisfacimento di queste esigenze liberando i reparti operativi delle Forze Armate da compiti di presidio del territorio dei quali sono talvolta impropriamente gravati e predisponendo uno strumento utilizzabile all’occorrenza quando il moltiplicarsi degli interventi all’estero riduca, ad esempio, le risorse organiche disponibili in patria”.
La costituzione della “milizia” Secondo il progetto di legge messo a punto dal Carroccio, dovranno entrare a far parte del Corpo dei volontari militari, previo superamento di esami psico-attitudinali, i militari che non sono più in servizio (senza demerito) e che non abbiano superato i quarant’anni di età. Il limite di età varrà anche per gli ufficiali e i sottoufficiali. Il reclutamento dovrebbe avvenire su base regionale. E quelli che il Carroccio già definisce “battaglioni regionali” dovranno avere prevalentemente il carattere di “strutture-quadro”, che potrebbero poi aumentare di numero in caso di mobilitazione. I soldati regionali avranno l’obbligo di prestare servizio un mese all’anno, anche per garantire la formazione permanente del personale. La loro retribuzione sarà identica alla paga giornaliera che si riceve nell’esercito e ci sarà l’aspettativa non retribuita nel caso in cui i nuovi soldati lavorino nel settore pubblico o privato.
L’addestramento del nuovo corpo Toccherà all’esercito e ai carabinieri addestrare il nuovo “corpo regionale” che non dovrebbe disporre di più di 20 mila uomini raggruppati in venti battaglioni regionali (con il nome della regione di riferimento) sotto il comando di altrettanti tenenti colonnelli distaccati dall’esercito e dall’Arma. Ogni battaglione quindi sarà composto da mille uomini e donne reclutati su base regionale. Le uniformi sarebbero identiche a quelle dell’esercito, ma con un distintivo in più,
ad hoc per ogni regione. Girerebbero armati (armamento leggero) come i carabinieri. Per quanto riguarda la carriera, il governo dovrà assicurare una corrispondenza con i gradi dell’Esercito anche se con alcuni distinguo. Si preclude però il passaggio di questi “miliziani” regionali all’esercito o ai carabinieri. Il generale comandante del corpo dipenderà dal capo di Stato maggiore della Difesa per quanto riguarda i compiti deliberati direttamente dal Consiglio dei ministri, mentre i Tenenti colonnelli, che guidano i singoli battaglioni regionali, risponderanno direttamente ai presidenti delle Regioni in cui saranno stanziati per fronteggiare le emergenze locali. Il corpo dei volontari militari non potrà essere impiegato fuori dall’Italia. Il primo firmatario del testo è il deputato della Lega, Franco Gidoni.
Secco no di La Russa “Non conosciamo questa proposta, siamo qui ad Abu Dhabi, non so esattamente chi l’ha presentata, non ne conosco il tenore”, premette La Russa, che si trova negli Emirati Arabi di ritorno dall’Afghanistan dove oggi è stato in visita ai militari italiani. “Mi riservo di valutarla quando torno in Italia: posso solo dire – afferma il ministro – che in ogni paese, anche il più federalista del mondo, l’esercito non viene mai regionalizzato o parcellizzato. È una delle caratteristiche dello stato unitario, anche nei paesi federali”. “I compiti che normalmente si attribuiscono allo Stato centrale, come si chiama negli Stati federali, comprendono sempre la Difesa”, conclude La Russa.
Levata di scudi dall’opposizione Levata di scudi dell’opposizione sulla proposta leghista. Se l’Idv, con Massimo Donadi, parla dell’”ultima follia leghista”, denunciando nell’iniziativa del Carroccio “l’evoluzione delle ronde padane, l’eterna tentazione del Carroccio di creare uno stato nello Stato” anche il Pd insorge affermando che “se non è una boutade è allarme”. “Il cinismo della Lega non ha limiti – spiega il capogruppo dell’Idv – utilizza questa pericolosa panzana delle milizie territoriali per fare campagna elettorale in vista delle prossime amministrative. Un atteggiamento, come al solito, irresponsabile dal punto di vista politico e culturale”. “Berlusconi ed i vertici del Pdl – continua Donadi – hanno il dovere di intervenire come capo del governo italiano e come rappresentanti del principale partito della maggioranza per stoppare un progetto che ha l’unico obiettivo di mettere a rischio l’unità dello Stato”. Stesso allarme rosso da parte del Pd: “Gli esponenti della Lega non paghi di aver diffuso nel Paese un senso di divisione e di distanza tra i territori che sta portando a pericolosi estremismi, non paghi di aver fatto da untori di egoismi e razzismi di ogni sorta, non paghi di aver confuso il federalismo con il separatismo, ora propongono gli eserciti regionali? Per mantenere l’ordine pubblico, per intervenire in caso di calamità naturali o di gravi attentati o di incidenti alle infrastrutture abbiamo le forze dell’ordine, abbiamo i vigili del fuoco, la protezione civile? Ma La Russa lo sa? E che ne pensa? Se non è l’ennesima boutade o un’ultima trovata pre-elettorale di un partito in difficoltà nel governo dell’ immigrazione, l’allarme è davvero alto”. Così Rosa Villecco Calipari, vicepresidente dei deputati Pd e componente della commissione Difesa commentando la notizia di una proposta di legge presentata alla Camera da quasi tutti i componenti del gruppo del Carroccio, capogruppo escluso.

giovedì 31 marzo 2011

SALVATORE DI CIERO…LE SUE MINACCE per nome e conto dei 622 imbecilli gladiatori ….che grazie al Signor Cossiga si sono eretti ad AGENTI SEGRETI!!!! erano delle semplici calamite….(gli addetti ai lavori sanno cosa vuol dire…) sempre il Di Ciero minaccia anche a nome della SETTIMA divisione del SISMI…..(disciolta…..) Pubblicato il 31 marzo 2011



SALVATORE DI CIERO…LE SUE MINACCE per nome e conto dei 622 imbecilli gladiatori ….che grazie al Signor Cossiga si sono eretti ad AGENTI SEGRETI!!!! erano delle semplici calamite….(gli addetti ai lavori sanno cosa vuol dire…) sempre il Di Ciero minaccia anche a nome della SETTIMA divisione del SISMI…..(disciolta…..)
Pubblicato il 31 marzo 2011

Tra: Te e Salvatore Di Ciero
Salvatore Di Ciero 31 marzo alle ore 18.40 Segnala
Sig. Saya, quando dovesse esserle di gradimento, magari, nelle sue possibilità, mandi ad un qualsiasi giornale una smentita a riguardo del fatto che organismi istituzionali, facenti capo allo Stato italiano(ivi compresi i servizi informazione e sicurezza), mai ed in nessun modo hanno avuto partecipazione o ruolo nella sua, personalissima iniziativa, denominata in sigla acronimo D.S.S.A. . Al tempo stesso, in alcun modo, è convolta ne ha ruolo, l’organizzazione Stay-Behind Italia, denominata Gladio e rappresentata nella difesa dell’immagine dall’associazione italiana volontari di stay-behind. In nessun modo alcuno di questi organismi, ha volontariamente e volutamente fatto capo alla sua persona(Gaetano Saya), a qualsiasi finalità specie se in contraddizione con le istituzioni repubblicane italiane.
Si scusi, inoltre, con l’A.I.V.S.B. per aver incautamente prodotto danno, all’immagine della disciolta organizzazione ed alle finalità ultime dell’associazione d’arma di rappresentanza, unica depositaria e responsabile della trattazione di qualsiasi oggetto di trattazione inerente l’organizzazione Gladio. Per altro facete capo, la suddetta organizzazione, oltre che ai servizi di sicurezza italiani, anche a sovrastrutture NATO, la sua persona(Gaetano Saya), smentisce categoricamente, alcun coinvolgimento del personale e delle strutture NATO nella sua, privata e personalissima iniziativa. Alcun significato, ha il coinvolgimento nella sua iniziativa di ex appartenenti all’organizzazione Gladio che nello specifico, non agiscono per conto della disciolta organizzazione, ne sono rappresentanti di parte, inquanto l’unico organo d’espressione pubblica della Stay-Behind, è rappresentato dalla relativa associazione d’arma, in sigla acronimo AIVSB, di cui lei(Gaetano Saya), non fa parte e della quale lei(Gaetano Saya), non è in condivisione d’obbietivo. Allo stesso modo, lei(Gaetano Saya), smentisce che nella sua iniziativa, privata e personale, abbia preso parte alcuno, riferibile alla settima e decima sezione, dell’ ex, sigla acronimo SISMI.

p.s.: sig Saya, non credo capisca e si renda conto della portata delle sua azioni ma le consiglio spassionatamente di fare una pubblicazine in cui lei esonera da ogni coinvolgimento…tutti questi soggetti….salvo che la sabbia..le piacia così tanto…
La informiamo inoltre che gli organismi deputati alla lotta al terrorismo con compiti operativi di polizia sono NOCS-polizia di Stato, GIS-arma dei Carabinieri, ATP-Guardia di Finanza. Ringraziandola per aver ritenuto inadeguate ed insufficienti, le suddette strumentalità istituzionali e che il comando della specialità dovesse essere al Lei assegnato e non a personale qualificato, Le auguriamo un sereno prosegue esistenziale, condizionato al fatto che Lei(Gaetano Saya) non sia di disturbo ad onesti cittadini, reisidenti in Italia..non ne ha l’autorità, altri ce l’hanno..a buon intenditor… A non risentirci.
Salvatore Di Ciero 31 marzo alle ore 18.44 Segnala
Io getto l’amo…e il pesce abbocca.
La saluto Saya.

martedì 29 marzo 2011

Francesco Carbone un Cittadino Italiano......(il coraggio di denunciare) i dettagli della vicenda.

C’è chi vuole essere processato e chi no

C’è chi vuole essere processato e chi no Quello di Francesco Carbone è un caso che, quasi sicuramente, non ha precedenti in Italia. Ho passato un intero pomeriggio ad ascoltare una storia che ha dell’incredibile, un oceano di fatti e misfatti testimoniati da una borsa (pesantissima) piena di documenti. Ho cercato di riassumere la paradossale vicenda di Francesco Carbone, riportando proprio le parole del protagonista.

“In un’Italia dove chiunque dica delle verità scomode nei confronti dei Poteri forti è ricattato, minacciato,censurato e denunciato, io sono forse l’unico che può permettersi il lusso di denunciare gravissimi reati contro lo Stato; reati commessi da criminali collusi con “pezzi dello Stato”, senza essere ricattato, minacciato, censurato o denunciato. E ciò, grazie al fatto che la vicenda ormai è di dominio pubblico su internet e che, le prove che ho contro chi ho denunciato, sono schiaccianti.

Sono forse l’unico, in Italia, che pur presentando una miriade di denunce penali, istanze in tutte le più alte autorità dello Stato (e, da più di un anno, diffondendo denunce video e dichiarazioni con nomi, cognomi e volti), non riesco ad ottenere alcuna convocazione dalla magistratura o dagli organi di controllo parlamentari, pur essendoci un’interrogazione parlamentare in corso.

E la cosa più assurda è che, pur di non portarmi davanti a un giudice, non riesco ad ottenere una denuncia per calunnia, per diffamazione o per false informazioni a un pubblico ufficiale, pur essendo chiarissimo che, in base all’art.112 della Costituzione, “il pubblico ministero ha l’obbligo di esercitare l’azione penale”, sia nei confronti dei denunciati e sia nei confronti di chi denuncia se viene denunciato il falso.

Tutto ciò potrebbe sembrare assurdo ma non lo è quando i denunciati fanno parte della “massomafia” che gestisce l’Italia , un’associazione criminale infiltrata in tutte le istituzioni sia politiche che giudiziarie. Ho denunciato un’associazione a delinquere di tipo mafioso all’interno di Poste Italiane, finalizzata all’evasione fiscale, sfruttamento di lavoratori in nero, estorsioni, appalti a “monopolio” a parenti di personaggi illustri dello Stato, gravissime carenze di igiene e sicurezza, minacce, vessazioni, ricatti e offerte per farmi stare zitto e il tutto, non solo con denuncia penale presso la procura di Verona ma con la mia collaborazione con la Guardia di Finanza di Verona alla quale ho dimostrato tutto ciò che ho denunciato.

A seguito delle mie denunce e delle mie lamentele sulle gravissime carenze di igiene e sicurezza all’interno di Poste Italiane di Verona e per essermi lamentato del fatto che noi operatori dell’appalto Postale dovevamo fare lavori che non ci competevano, sono stato allontanato da Poste Italiane e costretto a dare le dimissioni in quanto elemento indesiderato per aver preteso le più basilari norme sull’igiene e sicurezza e il rispetto del CCNL.

Il fatto ancora più assurdo non è ciò che ho denunciato all’interno di Poste Italiane ma ciò che ho denunciato successivamente, perché la mia denuncia e la mia collaborazione con la Guardia di Finanza sono state insabbiate in quanto non è emersa dagli atti giudiziari alcuna indagine.

I Procuratori Capo di Verona Papalia e Schinaia, pur avendo in mano tutte le prove fornite da me, allegate alla mia denuncia penale contro alti dirigenti di Poste Italiane, Dirigenti dell’Ispettorato del Lavoro, Dirigenti dello Spisal (Usl), ditte appaltanti e un dirigente della Cgil, non hanno fatto alcuna indagine e dopo

17 mesi e 8 giorni hanno archiviato con metodi mafiosi la mia denuncia senza neanche avvisarmi, come la legge prevede in base all’art.408 CPP, inserendola volontariamente a Mod.45 (fatti non costituenti reato). Tutto questo per distogliere dall’azione penale gli alti funzionari che avevo denunciato per gravi reati penali.

A questo punto ho presentato altre 9 denunce penali, istanze a tutti gli alti organi competenti dello Stato tra i quali tre Ministri e attività ispettive dei ministeri, il Parlamento, il Csm, il Quirinale.

Nessuno si muove pur essendoci gravissimi reati contro lo Stato.

L’unico che vuole la verità su ciò che ho denunciato è il Senatore Elio Lannutti, il quale, il 24 novembre 2010, presenta un’interrogazione parlamentare a risposta scritta, nella quale chiede al Governo di verificare tutto ciò che ho denunciato, sia con denunce penali e sia pubblicamente nel web.

Ancora nessuna convocazione, nessuna indagine, nessun processo. Neanche come denunciato.

Per lo Stato Italiano è comodo far sì che Francesco Carbone sia un fantasma così da non far emergere tutto ciò che è stato denunciato.

Se devo fare un appello, mi appello al Popolo Italiano, il quale deve pretendere con me che io abbia un processo.

Se sono un mitomane voglio pagare ed essere condannato ma se ciò che denuncio corrisponde a verità devono pagare tutti coloro che ho denunciato, anche se fanno parte della categoria degli “intoccabili” (ministri, procuratori, funzionari di Stato, Pubblici ufficiali, elementi deviati delle Forze dell’Ordine)”.

Sulla pagina Facebook Francesco Carbone (il coraggio di denunciare) i dettagli della vicenda.

Com’è strana l’Italia.

C’è chi vuol essere e processato e chi fa di tutto per non esserlo.

Ventimiglia invasa dai clandestini respinti da Sarkozy alla frontiera Da febbraio Parigi deporta oltre cento irregolari al giorno in Italia. La cittadina ligure, al confine con la Francia, è vicina al collasso.

Ventimiglia invasa dai clandestini respinti da Sarkozy alla frontiera
Da febbraio Parigi deporta oltre cento irregolari al giorno in Italia. La cittadina ligure, al confine con la Francia, è vicina al collasso. Magrebini senza documenti caricati su treni diretti nel nostro Paese o portati alla frontiera


In prima fila quando c’è da andare nei club privè, oppure mostrare i muscoli a Gheddafi e bombardare la Libia. Nascosta dietro l’angolo quando i profughi arrivano dalle nostre parti e addirittura pronta a cacciarli in malo modo, sperando che se ne faccia carico solo l’Italia. È la fotografia della Francia in questi giorni. E Ventimiglia, terra di frontiera fra i due Paesi, è il perfetto fermo immagine di questa surreale situazione.
Basta passeggiare per le vie del centro di Ventimiglia, a meno di dieci chilometri dal confine con la Francia, per capire i riflessi che sta provocando la situazione del nord Africa. La cittadina è ormai da circa un mese assediata da immigrati diretti nel nord Europa, ma riportati in Italia dalle autorità francesi. «Loro fanno le guerre per il petrolio e noi dobbiamo pagare le conseguenze - spiega un edicolante vicino alla stazione, mentre osserva il via vai di nordafricani -. Ormai sono giorni e giorni che viviamo assediati da migliaia di magrebini che vivono per terra in attesa di chissà che cosa».
Una Francia che quindi fa da imbuto e che riporta in Italia tutti i clandestini che trova sul suo territorio, approfittando magari di questa situazione per fare un po’ di pulizia interna: alcuni dei riammessi provenivano infatti da Parigi. È capitato che alcuni extracomunitari siano stati condotti entro i nostri confini solo perché trovati con uno scontrino fiscale italiano in tasca. I primi sono arrivati il 15 febbraio e, fino a oggi, la polizia ne ha identificato 3300 con una media di circa un centinaio al giorno, anche se nelle ultime 24 ore se ne sono contati duecento. A questi bisogna poi aggiungere tutte le riammissioni effettuate nel nostro Paese dalle autorità francesi, ufficiali e no. Sembra infatti che spesso gli immigrati fermati in Francia vengano «informalmente» fatti salire su treni diretti in Italia o addirittura portati fisicamente e lasciati a pochi metri dal confine. Persone che vengono identificate e poi espulse, ma che in realtà, vista la saturazione dei vari centri d’accoglienza italiani, divengono potenziale manovalanza a basso costo per la criminalità.
A Ventimiglia la situazione più difficile si sta vivendo alla stazione, divenuta ormai un dormitorio, con condizioni igieniche al limite, tanto che il sindaco Gaetano Scullino ha dovuto allestire i locali inutilizzati dell’ex dogana per evitare che la città si trasformi in un bivacco a cielo aperto. «Anche se siamo molto impegnati con le attività legate alla riammissione - spiega il dirigente della polizia di frontiera Pierpaolo Fanzone - in questo momento non tralasciamo i controlli anche in entrata nel territorio nazionale e le attività investigative, legate alla commissione di reati specifici come quello dei passeur, che portano le persone da un lato all’altro. Solo in questi ultimi 10 giorni, infatti, ne abbiamo arrestati otto con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». Passeur, anche loro di nazionalità tunisina, che chiedono fino a 150 euro a viaggio per un passaggio oltre confine. «Sono cinque giorni che vivo qui a Ventimiglia per strada - dice Hamed - io voglio solo raggiungere la Francia dove ho alcuni amici che mi possono ospitare. Siamo bloccati qui, senza sapere cosa mangiare e dove andare a dormire». «Credevo che qui ci fosse lavoro, ma invece non è così - prosegue Jamel -, sono andato in Francia ma mi hanno riportato in Italia e adesso non so cosa fare». Il sistema rischia di andare in tilt, con la polizia di frontiera che, nonostante abbia già ricevuto rinforzi, conta solo 80 uomini. «Anche se c’è stata una tendenza generale a sminuire il problema, questo sta diventando un’emergenza dalle prospettive incerte, ingestibili e lasciate al caso» racconta Nicola Colangelo, segretario provinciale del sindacato «Nfa Autonomi di Polizia», che chiede un aumento di organico per fronteggiare la situazione. «Abbiamo anche proposto l’utilizzo di militari dell’esercito, come a Lampedusa, in ausilio alle forze di Polizia con esclusivi compiti di vigilanza». I sindacati ora sono preoccupati anche per i possibili problemi sanitari per gli agenti, a rischio di contagio di tubercolosi e scabbia come già avvenuto in alcune carceri italiane e nei centri di accoglienza. E si ribella anche Sanremo: «Sia chiaro che noi libici e tunisini non li vogliamo - mette le mani avanti il sindaco Maurizio Zoccarato -. Se li tengano altrove, qui da noi non c’è spazio. Io devo pensare ai miei cittadini e al turismo di cui vive questa città». Il timore è che questo sia solo l’inizio.

Ventimiglia invasa dai clandestini respinti da Sarkozy alla frontiera Da febbraio Parigi deporta oltre cento irregolari al giorno in Italia. La cittadina ligure, al confine con la Francia, è vicina al collasso.

Ventimiglia invasa dai clandestini respinti da Sarkozy alla frontiera
Da febbraio Parigi deporta oltre cento irregolari al giorno in Italia. La cittadina ligure, al confine con la Francia, è vicina al collasso. Magrebini senza documenti caricati su treni diretti nel nostro Paese o portati alla frontiera


In prima fila quando c’è da andare nei club privè, oppure mostrare i muscoli a Gheddafi e bombardare la Libia. Nascosta dietro l’angolo quando i profughi arrivano dalle nostre parti e addirittura pronta a cacciarli in malo modo, sperando che se ne faccia carico solo l’Italia. È la fotografia della Francia in questi giorni. E Ventimiglia, terra di frontiera fra i due Paesi, è il perfetto fermo immagine di questa surreale situazione.
Basta passeggiare per le vie del centro di Ventimiglia, a meno di dieci chilometri dal confine con la Francia, per capire i riflessi che sta provocando la situazione del nord Africa. La cittadina è ormai da circa un mese assediata da immigrati diretti nel nord Europa, ma riportati in Italia dalle autorità francesi. «Loro fanno le guerre per il petrolio e noi dobbiamo pagare le conseguenze - spiega un edicolante vicino alla stazione, mentre osserva il via vai di nordafricani -. Ormai sono giorni e giorni che viviamo assediati da migliaia di magrebini che vivono per terra in attesa di chissà che cosa».
Una Francia che quindi fa da imbuto e che riporta in Italia tutti i clandestini che trova sul suo territorio, approfittando magari di questa situazione per fare un po’ di pulizia interna: alcuni dei riammessi provenivano infatti da Parigi. È capitato che alcuni extracomunitari siano stati condotti entro i nostri confini solo perché trovati con uno scontrino fiscale italiano in tasca. I primi sono arrivati il 15 febbraio e, fino a oggi, la polizia ne ha identificato 3300 con una media di circa un centinaio al giorno, anche se nelle ultime 24 ore se ne sono contati duecento. A questi bisogna poi aggiungere tutte le riammissioni effettuate nel nostro Paese dalle autorità francesi, ufficiali e no. Sembra infatti che spesso gli immigrati fermati in Francia vengano «informalmente» fatti salire su treni diretti in Italia o addirittura portati fisicamente e lasciati a pochi metri dal confine. Persone che vengono identificate e poi espulse, ma che in realtà, vista la saturazione dei vari centri d’accoglienza italiani, divengono potenziale manovalanza a basso costo per la criminalità.
A Ventimiglia la situazione più difficile si sta vivendo alla stazione, divenuta ormai un dormitorio, con condizioni igieniche al limite, tanto che il sindaco Gaetano Scullino ha dovuto allestire i locali inutilizzati dell’ex dogana per evitare che la città si trasformi in un bivacco a cielo aperto. «Anche se siamo molto impegnati con le attività legate alla riammissione - spiega il dirigente della polizia di frontiera Pierpaolo Fanzone - in questo momento non tralasciamo i controlli anche in entrata nel territorio nazionale e le attività investigative, legate alla commissione di reati specifici come quello dei passeur, che portano le persone da un lato all’altro. Solo in questi ultimi 10 giorni, infatti, ne abbiamo arrestati otto con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina». Passeur, anche loro di nazionalità tunisina, che chiedono fino a 150 euro a viaggio per un passaggio oltre confine. «Sono cinque giorni che vivo qui a Ventimiglia per strada - dice Hamed - io voglio solo raggiungere la Francia dove ho alcuni amici che mi possono ospitare. Siamo bloccati qui, senza sapere cosa mangiare e dove andare a dormire». «Credevo che qui ci fosse lavoro, ma invece non è così - prosegue Jamel -, sono andato in Francia ma mi hanno riportato in Italia e adesso non so cosa fare». Il sistema rischia di andare in tilt, con la polizia di frontiera che, nonostante abbia già ricevuto rinforzi, conta solo 80 uomini. «Anche se c’è stata una tendenza generale a sminuire il problema, questo sta diventando un’emergenza dalle prospettive incerte, ingestibili e lasciate al caso» racconta Nicola Colangelo, segretario provinciale del sindacato «Nfa Autonomi di Polizia», che chiede un aumento di organico per fronteggiare la situazione. «Abbiamo anche proposto l’utilizzo di militari dell’esercito, come a Lampedusa, in ausilio alle forze di Polizia con esclusivi compiti di vigilanza». I sindacati ora sono preoccupati anche per i possibili problemi sanitari per gli agenti, a rischio di contagio di tubercolosi e scabbia come già avvenuto in alcune carceri italiane e nei centri di accoglienza. E si ribella anche Sanremo: «Sia chiaro che noi libici e tunisini non li vogliamo - mette le mani avanti il sindaco Maurizio Zoccarato -. Se li tengano altrove, qui da noi non c’è spazio. Io devo pensare ai miei cittadini e al turismo di cui vive questa città». Il timore è che questo sia solo l’inizio.